martedì 26 febbraio 2013

Rileggere...

Qualche anno fa, in un bel "manuale per scrittori esordienti" (cito a memoria), Luca Canali consigliava ai giovani autori, carenti di buone letture, di non ammettere mai di non aver letto un grande classico e, nel caso lo si stesse leggendo, di dichiarare piuttosto che lo si stava rileggendo... Posto che Canali prendeva un po' in giro l'atmosfera di certi salotti letterari, leggere o rileggere, o anche leggere e rileggere, non è mai una cattiva abitudine. In questo momento, durante una pausa dalla vita di Steve Jobs (di Isaacson, tascabile), sto rileggendo... "The Road" di Corman McCarthy.

Una prima valutazione: non è un classico ma è un buon libro, vincitore del Pulitzer 2007, che merita un giro. 

Seconda valutazione: se, oltre che bravi rilettori si è anche padri, la storia di McCarthy regala qualche brivido in più.

Terza e ultima valutazione: se non si conosce ancora l'opera di McCarthy ogni porticina per entrarci è buona. "The Road" è un buon ingresso sul retro.

P.S. Opinione personale: quando da un buon libro è stato tratto un buon film e non si è letto il primo né visto il secondo, è meglio comunque cominciare dal primo e pensare solo poi al secondo.
Cfr.:  "The Road", diretto da John Hillcoat (sceneggiatura di Joe Penhall).

sabato 16 febbraio 2013

Cominciamo con una buona recensione: Me After You “Foughts”

Me  A f t e r  Y ou   Foughts” - Custom Made Music, aprile 2013
Track list:  1. Little Boy / Fat Man   2. Out of My Mind   3. Guilty in Love   4. Wipe the Blood  
                  5. Retrospecting 6. Il Primo Dio   7. Someone to Hate   8. Revolt!   9. MAMA   10. 3                             


                                                                                                                                                                                                                                                                          -   Voto:  **** / 5

L’erotismo sconsacrato di “Foughts”, album di debutto dei Me After You - duo italo-australiano di casa a Copenhagen, insieme dal 2010 dopo l’esperienza comune nei Last Nights Scars -  viaggia sotto pelle fin dall’overture di “Little Boy / Fat Man”, giusto prologo alle due anime del disco, introspettiva l’una e vibrante l’altra, sullo sfondo di una stanza d’albergo, nel riflesso opaco di un bicchiere di bourbon rovesciato, l’attimo prima di un’apocalisse privata.
La tensione sottesa, trattenuta a stento di certo post-rock subisce qui, attraverso le voci di Len e Fede, una metamorfosi parziale: è sofferta consapevolezza di quanto perduto per sempre e insieme – simultaneamente, nella stanza accanto – è l’orgogliosa pretesa  dell’irreversibilità dell’età adulta in quanto stasi creativa / terra di mezzo, forzatamente proiettata nel futuro.
Eppure nelle vene del suono che i Me After You auto-definiscono bluegaze scorrono i generi del passato che vide almeno due generazioni illuminate in una sola notte dal punk (ad eccezione di Strummer e compagni, oggi lo capiamo più di allora…) e ritrovatesi all’alba nelle stanze buie della new-wave. Così che mentre nell’incalzante  Out of my mind” Fede, da seconda voce, compone  e canta (cfr. Lee Ranaldo) svelando la propria passione per il tecno-pop impegnato degli anni ’80 (un attimo prima di Trent Reznor), “Retrospecting” di Len, retta sul precario equilibrio alcolico di un amore irrealizzato, pare piuttosto raccontare dell’angoscia che deve aver agitato le notti insonni di Ian Curtis.
Ciò che maggiormente colpisce di Foughts – non a caso sintesi acuta tra “pensieri” (Thoughs) e “combattuto” (Fought) – è la continua rincorsa verso il nulla e il ritorno ossessivo sui propri passi (pensieri combattuti o combattenti?), con la scelta voluta dell’andare perduti; è la sintesi perfetta tra il basso deviato di Len, che a tratti si finge chitarra, e i synth di Fede che si fingono basso, scossi entrambi dai legni della batteria, nella produzione scozzese di Andy Miller (Arab Strap, Mogway) che riesce nell’intento di dare al suono una profondità primitiva.  
Ciononostante “Wipe the Blood”, “Someone to Hate” e “MAMA” sono potenziali hit da indie club. Provare per credere: dopo qualche ascolto vi sorprenderete ad urlare: “Smoke up yr cygarettes / let’s live our lives / with no regrets!”. Oppure: “Rock, rock’s for the dumb / for the young / for the young and dumb!”.
Di contro “Guilty in love” suona come un lamento disperato, con la voce di Len che si allontana dal tono baritonale e diviene latrato straziante, colmata dal suono tirato del suo stesso basso.
A metà album “Il Primo Dio” è un omaggio sommesso e antico a quei Massimo Volume (Fede collaborò con Egle alla colonna sonora di Road Joke di Davide Rossi), e il luminoso omaggio a Carnevali di Mimì Clementi diviene qui, con un piglio à la Cave, rassegnata consapevolezza della perdita.

E se non ci fosse “Someone to hate” a fare da ponte si finirebbe dritti nella sconvolta “Revolt!” – più no-wave che new-wave -  sul fondo di una piscina vuota, bagnata appena da resti di gin e lacrime, in un cambio di stato verso un’ alba incerta e lontana.

MAMA” e “3” chiudono “Foughts” come è lecito aspettarsi, con le due differenti anime di un lavoro onesto, essenziale, che dal solco del post-punk si eleva al rango di piccolo classico. Se il rock così come lo conoscevamo ha ancora senso di esistere questo è uno dei modi possibili in cui può continuare a farlo. E non è casuale che la porta si chiuda svelando un numero: “3”, come la perfezione bramata, è una mano sul petto per cercare il respiro e scoprire che siamo ancora vivi, attraverso le immagini termiche dei nostri corpi, nello specchio oltre l’ombra del barman fantasma di Shining






venerdì 15 febbraio 2013

Un buon post...

La promessa è che mi impegnerò sempre affinché un nuovo post sia un buon post. Un buon post in un nuovo posto: questo. Un buon post in un buon posto!

P.S. Lavori in corso: perdonate i colori di titoli e testi. Ci ho dato giusto un occhio. Poi ce ne ho dato un altro. Il risultato non è il migliore possibile...   

sabato 9 febbraio 2013

Serie intenzioni

Questo blog ha la seria intenzione di promuovere la virtù della conoscenza e della curiosità culturale attraverso tutti i mezzi che riterrà necessari al raggiungimento di tale scopo. La curiosità culturale è il contrario del pettegolezzo.  

Ultimo non ultimo...

Stavo pensando alla giusta introduzione per dar vento alle vele di questo blog ed ecco che, rileggendo l'ultimo post del blog precedente, mi sono accorto di avere già un buon prologo in quell'epilogo. Quindi con un buon taglia e incolla ecco qua quanto basta, per ora:

L'oceano di questo blog è un deserto, così come era stato ampiamente previsto. Eppure la vita è là fuori da qualche parte e bisognerà pur andare a cercarla. Con il nuovo anno, tra i buoni propositi, mi sono promesso un blog nuovo di zecca che abbia almeno un po' più senso del blog di una libreria inesistente per lettori inesistenti. L'idea è quella di un luogo accogliente per lettori che necessitano di essere ben accolti. Una stanza con belle fotografie alle pareti e una voce narrante in sottofondo. Qualche ricetta per orizzonti più ampi e qualche suggestione. Esperienze di buone o cattive letture. Particolari visioni d'insieme... Il tutto provando a traslocare appena possibile. Per ora mi limito ad inviare un affettuoso saluto ai pochi tenaci naviganti.      

Buon giorno! Ben arrivati in questo blog!