mercoledì 10 aprile 2013

I libri e l'illusione di infinito

Dopo molti anni di passioni letterarie ancora mi chiedo cosa, esattamente, riesca a rendermi così felice nell'atto di acquistare, di possedere e, infine, di leggere un libro. A questa domanda posso darmi tante risposte ma una, in particolare, mi è parsa chiara solo negli ultimi anni: i libri mi danno un'illusione di infinito. Me la danno quando conosco un nuovo autore, pensando a quanti suoi libri devo ancora leggere; me la danno pensando a quanti libri ancora non ho letto e a quanti bravi autori, che ancora non conosco, potrò dedicare le mie attenzioni; e me la danno pensando agli esordi dei quali potrò ancora essere testimone. La nostra deperibilità umana è, oggettivamente, un antipatico impedimento ad una reale speranza di passione letteraria eterna. C'è chi dichiara sobriamente che non vorrebbe vivere più di cent'anni; io dichiaro, altrettanto sobriamente, che potrei viverne almeno un due, trecento all'ombra di un alberello in fiore, nel venticello di primavera, con tra le mani un libro... O meglio: un buon libro. Ripasso di Lapalisse: un brutto romanzo scoraggia, un buon romanzo entusiasma. Una storia narrata male lascia la bocca secca, una grande storia ci ridà vita. E in quell'idea di vita che le buone storie incoraggiano c'è una certa idea di infinito nella quale amiamo credere. Personalmente mi piace farmi prendere in giro al riguardo e mettere da parte la consapevolezza che non potrò leggere né scrivere quanto vorrei. Che non mi basterebbero due vite. Ma anche, dovendo comunque accontentarmi, che tutto sarà così bello che andrà preso come viene.    

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